E’ andata così: con un episodio che fotografa perfettamente la stagione dei rimpianti. Che non deve, però, essere considerata negativa. La stagione del Potenza resta molto buona, non ottima o indimenticabile, ma buona rispetto al punto di partenza (lo spareggio per non retrocedere, che non va mai dimenticato) e all’obiettivo stagionale di salvarsi senza problemi, con una squadra che è piaciuta ed ha divertito, ma che poi al tirar delle somme non è stata molto più forte dei propri limiti.
Poteva scriversi un’altra storia da ieri sera in poi, ma lasciatemi essere più crudele del destino che ci ha riservato il rigore di Caturano: è andata come doveva andare, perché – salvo rarissime eccezioni – il calcio emette i verdetti che deve emettere, quelli che ti sei guadagnato, che ti sei costruito sul campo. E non è mai frutto del caso o solo ed esclusivamente della fortuna. Che poi il Potenza, quest’anno sia stato molto in credito con la fortuna, questo è un altro paio di maniche e non possiamo non sottolinearlo.
Parto dalla fine: Caturano come França a Reggio Emilia. D’impatto può pure essere, ma solo emotivamente. Ragionando dopo una notte di viaggio e di tormento interiore penso: non diciamo eresie. Quel Potenza era fortissimo, quella partita di Reggio Emilia valeva una semifinale (saremmo rimaste in quattro in Italia a giocarci la B), in quella partita Emerson e compagni giocarono alla grande meritando la qualificazione, quell’allenatore – già rodato da un anno precedente in cui si fecero risultati importanti (ma anche lì fu fatale Catania) e da tanta Serie D – aveva visione delle partite come pochi e quando non ci arrivava era supportato da un gruppo di leader e leoni che lo portavano per mano e che l’aiutarono a farlo diventare quello che è diventato. I giovani del Potenza non sono mai stati a quel livello e De Giorgio – che è all’inizio di una carriera che sarà importante – deve fare ancora tanta esperienza.
Troppo nette e marcate le differenze rispetto a oggi: onestamente il Catania nella partita secca ha meritato la qualificazione, dominando in lungo e in largo, fino alla traversa di Stoppa, il Potenza dei giovani, della spensieratezza, delle troppo poche soluzioni alternative. Piccola parentesi: ma veramente avreste tolto il centravanti capitano con 18 gol stagionali? Ci sarebbe voluto un atto di coraggio fuori dal comune per tutti gli allenatori, non solo per De Giorgio.
Per questo dico che è finita come doveva finire, in un anno in cui oltretutto il Potenza mai è stato baciato dagli episodi a proprio favore. In un anno – specie da gennaio in poi – in cui le occasioni più importanti per dare una svolta sono state buttate alle ortiche (dal Cerignola, al doppio ko di Crotone e Trapani, passando da Cavese, Picerno e Giugliano, fino ad arrivare a Latina e all’ultima di campionato proprio col Catania, solo per citare il girone di ritorno). Specie nell’ultimo periodo, quindi, con un calo di risultati che ha trasformato una classifica da quarto posto in una da settimo, che ha generato poi tutte le conseguenze successive.
Allora, in conclusione, mi viene da pensare che probabilmente questo Potenza non era ancora pronto a un grande salto (non ho detto a vincere un campionato), ma allo stesso tempo sono serenissimo e altrettanto certo che questo può e deve essere un punto di partenza sul quale iniziare a lavorare, ma facendo presto. Sfruttando, ahinoi, il tanto tempo che da oggi avremo a disposizione.
Per questo mi sento di chiedere alla società di fare presto a definire ruoli e strategie per l’anno che verrà, partendo da questa base, ma evitando di generare equivoci sulle posizioni dei primi due ruoli cardine sui quali iniziare a muoversi: il direttore sportivo e l’allenatore.
Nessuno scriverà mai che il Potenza DEVE vincere, ma è giusto e sacrosanto non accontentarsi e quantomeno lavorare per provarci. E la sensazione è che la famiglia Macchia tutto voglia, tranne che vivacchiare in Lega Pro. Lo si dica apertamente, senza generare equivoci, così che tutti possano capire.