sabato 11 Maggio 2024
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“La Pillola” post Potenza🆚V. Francavilla

DI ALFONSO PECORARO

Una notte intera per pensare quali aggettivi usare per non essere offensivo nei confronti della squadra. Non ce ne sono: anche il più banale sarebbe degno di querela.

Ho avuto la sensazione ieri di vedere all’opera una banda musicale senza lo spartito e che suona a orecchio. Con l’aggravante che è composta da una serie svariata di suonatori, nessuno dei quali ha mai tenuto in mano uno strumento. E se penso che essa stessa deve portarci alla salvezza lo dico con rassegnazione: siamo morti. Siamo in D. Abbiate la forza di smentirmi, non a chiacchiere, ma con i fatti.

Oltretutto con l’aggravante che quella banda musicale, oltre a non avere suonatori, né strumenti, non ha nemmeno il direttore d’orchestra. Esonerare Varrà per accontentare la piazza si è rivelato un altro autogol clamoroso. Sarebbe bastato (sia pure in maniera tardiva) esonerare Marchionni e lasciare che la suddetta banda fosse ancora guidata dal maestro che l’aveva assemblata. Male, ma fatta da calciatori voluti da lui e sui quali lui aveva garantito. Forse torna.

Questa squadra è l’emblema del fallimento tecnico, sportivo, e anche decisionale, al quale hanno concorso a vario titolo tutti coloro i quali ne fanno parte. Troverò gli aggettivi giusti a tempo debito e spiegherò, a mie ragioni, dove, come, quando e soprattutto chi ha sbagliato tutto quello che c’era da sbagliare.

E non mi si venga a dire “compattiamoci, facciamo cerchio”. Ne ho piene le scatole e finora non è servito a niente. A questo ci penserà esclusivamente chi tiene a quei colori a prescindere dalla categoria. Ma, purtroppo, non sono loro, non siamo noi che andremo in campo. Ai calciatori non chiederò più niente. A noi non resta che affidarci a un miracolo, perché ho visto stampata sulle facce di tutti costoro la parola retrocessione.

Ad oggi, e lo possiamo dire con certezza, siamo rappresentati in campo da chi non è degno di noi, da chi probabilmente del nostro destino non se ne frega una beneamata mazza. E, secondo voi, a questi dobbiamo pure pregarli di non farci retrocedere? A questa massa di superprivilegiati, viziati, strapagati a cui non interessa niente di prendere un 4 in pagella, di farsi cacciare dal campo, di giocare tirando indietro la gamba, di venire in sala stampa a metterci la faccia, che se ne fottono bellamente di chi, per fortuna, non è come loro. Mettetevi sereni: non faranno niente per essere migliori. Si sono ampiamente qualificati nel corso di un anno intero, a partire da quando fecero fuori Colombo e proseguendo via via in una escalation di comportamenti e di prestazioni che ci hanno portato fin dentro la melma.

Rassegniamoci e preghiamo che avvenga un miracolo che non sarà certamente ascrivibile ai meriti di chi in questa situazione ci ha fatto trovare incredibilmente. Roba da non crederci.

Due partite, 180’ per provare a non restare nella storia come i falliti del Potenza di Macchia. Dopo tutto quello che hanno combinato quest’anno (compreso quanto fatto fuori dal campo che solo per quieto vivere non è stato denunciato in maniera fragorosa, ma che è conosciuto da mezza Potenza), è il minimo che dovrebbero dare a una piazza che li ha sempre e soltanto rispettati e sostenuti, pur senza che ciascuno di loro lo abbia meritato. Un solo secondo dopo, come d’altronde sono stati invitati a fare, depongano le maglie in mezzo al campo e sparissero dalla nostra vista. Tutti, nessuno escluso e senza distinzione di ruoli.

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Una notte intera per pensare quali aggettivi usare per non essere offensivo nei confronti della squadra. Non ce ne sono: anche il più banale sarebbe degno di querela.

Ho avuto la sensazione ieri di vedere all’opera una banda musicale senza lo spartito e che suona a orecchio. Con l’aggravante che è composta da una serie svariata di suonatori, nessuno dei quali ha mai tenuto in mano uno strumento. E se penso che essa stessa deve portarci alla salvezza lo dico con rassegnazione: siamo morti. Siamo in D. Abbiate la forza di smentirmi, non a chiacchiere, ma con i fatti.

Oltretutto con l’aggravante che quella banda musicale, oltre a non avere suonatori, né strumenti, non ha nemmeno il direttore d’orchestra. Esonerare Varrà per accontentare la piazza si è rivelato un altro autogol clamoroso. Sarebbe bastato (sia pure in maniera tardiva) esonerare Marchionni e lasciare che la suddetta banda fosse ancora guidata dal maestro che l’aveva assemblata. Male, ma fatta da calciatori voluti da lui e sui quali lui aveva garantito. Forse torna.

Questa squadra è l’emblema del fallimento tecnico, sportivo, e anche decisionale, al quale hanno concorso a vario titolo tutti coloro i quali ne fanno parte. Troverò gli aggettivi giusti a tempo debito e spiegherò, a mie ragioni, dove, come, quando e soprattutto chi ha sbagliato tutto quello che c’era da sbagliare.

E non mi si venga a dire “compattiamoci, facciamo cerchio”. Ne ho piene le scatole e finora non è servito a niente. A questo ci penserà esclusivamente chi tiene a quei colori a prescindere dalla categoria. Ma, purtroppo, non sono loro, non siamo noi che andremo in campo. Ai calciatori non chiederò più niente. A noi non resta che affidarci a un miracolo, perché ho visto stampata sulle facce di tutti costoro la parola retrocessione.

Ad oggi, e lo possiamo dire con certezza, siamo rappresentati in campo da chi non è degno di noi, da chi probabilmente del nostro destino non se ne frega una beneamata mazza. E, secondo voi, a questi dobbiamo pure pregarli di non farci retrocedere? A questa massa di superprivilegiati, viziati, strapagati a cui non interessa niente di prendere un 4 in pagella, di farsi cacciare dal campo, di giocare tirando indietro la gamba, di venire in sala stampa a metterci la faccia, che se ne fottono bellamente di chi, per fortuna, non è come loro. Mettetevi sereni: non faranno niente per essere migliori. Si sono ampiamente qualificati nel corso di un anno intero, a partire da quando fecero fuori Colombo e proseguendo via via in una escalation di comportamenti e di prestazioni che ci hanno portato fin dentro la melma.

Rassegniamoci e preghiamo che avvenga un miracolo che non sarà certamente ascrivibile ai meriti di chi in questa situazione ci ha fatto trovare incredibilmente. Roba da non crederci.

Due partite, 180’ per provare a non restare nella storia come i falliti del Potenza di Macchia. Dopo tutto quello che hanno combinato quest’anno (compreso quanto fatto fuori dal campo che solo per quieto vivere non è stato denunciato in maniera fragorosa, ma che è conosciuto da mezza Potenza), è il minimo che dovrebbero dare a una piazza che li ha sempre e soltanto rispettati e sostenuti, pur senza che ciascuno di loro lo abbia meritato. Un solo secondo dopo, come d’altronde sono stati invitati a fare, depongano le maglie in mezzo al campo e sparissero dalla nostra vista. Tutti, nessuno escluso e senza distinzione di ruoli.

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Ho avuto la sensazione ieri di vedere all’opera una banda musicale senza lo spartito e che suona a orecchio. Con l’aggravante che è composta da una serie svariata di suonatori, nessuno dei quali ha mai tenuto in mano uno strumento. E se penso che essa stessa deve portarci alla salvezza lo dico con rassegnazione: siamo morti. Siamo in D. Abbiate la forza di smentirmi, non a chiacchiere, ma con i fatti.

Oltretutto con l’aggravante che quella banda musicale, oltre a non avere suonatori, né strumenti, non ha nemmeno il direttore d’orchestra. Esonerare Varrà per accontentare la piazza si è rivelato un altro autogol clamoroso. Sarebbe bastato (sia pure in maniera tardiva) esonerare Marchionni e lasciare che la suddetta banda fosse ancora guidata dal maestro che l’aveva assemblata. Male, ma fatta da calciatori voluti da lui e sui quali lui aveva garantito. Forse torna.

Questa squadra è l’emblema del fallimento tecnico, sportivo, e anche decisionale, al quale hanno concorso a vario titolo tutti coloro i quali ne fanno parte. Troverò gli aggettivi giusti a tempo debito e spiegherò, a mie ragioni, dove, come, quando e soprattutto chi ha sbagliato tutto quello che c’era da sbagliare.

E non mi si venga a dire “compattiamoci, facciamo cerchio”. Ne ho piene le scatole e finora non è servito a niente. A questo ci penserà esclusivamente chi tiene a quei colori a prescindere dalla categoria. Ma, purtroppo, non sono loro, non siamo noi che andremo in campo. Ai calciatori non chiederò più niente. A noi non resta che affidarci a un miracolo, perché ho visto stampata sulle facce di tutti costoro la parola retrocessione.

Ad oggi, e lo possiamo dire con certezza, siamo rappresentati in campo da chi non è degno di noi, da chi probabilmente del nostro destino non se ne frega una beneamata mazza. E, secondo voi, a questi dobbiamo pure pregarli di non farci retrocedere? A questa massa di superprivilegiati, viziati, strapagati a cui non interessa niente di prendere un 4 in pagella, di farsi cacciare dal campo, di giocare tirando indietro la gamba, di venire in sala stampa a metterci la faccia, che se ne fottono bellamente di chi, per fortuna, non è come loro. Mettetevi sereni: non faranno niente per essere migliori. Si sono ampiamente qualificati nel corso di un anno intero, a partire da quando fecero fuori Colombo e proseguendo via via in una escalation di comportamenti e di prestazioni che ci hanno portato fin dentro la melma.

Rassegniamoci e preghiamo che avvenga un miracolo che non sarà certamente ascrivibile ai meriti di chi in questa situazione ci ha fatto trovare incredibilmente. Roba da non crederci.

Due partite, 180’ per provare a non restare nella storia come i falliti del Potenza di Macchia. Dopo tutto quello che hanno combinato quest’anno (compreso quanto fatto fuori dal campo che solo per quieto vivere non è stato denunciato in maniera fragorosa, ma che è conosciuto da mezza Potenza), è il minimo che dovrebbero dare a una piazza che li ha sempre e soltanto rispettati e sostenuti, pur senza che ciascuno di loro lo abbia meritato. Un solo secondo dopo, come d’altronde sono stati invitati a fare, depongano le maglie in mezzo al campo e sparissero dalla nostra vista. Tutti, nessuno escluso e senza distinzione di ruoli.

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