martedì 7 Maggio 2024
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“La Pillola” post Taranto🆚Potenza

DI ALFONSO PECORARO

Il diavolo e l’acquasanta. Imposterò queste mie considerazioni del giorno dopo in maniera difforme. E parto dalle osservazioni “infernali” che la sconfitta numero 14 del campionato del Potenza Calcio Official impone. 

Il primo pensiero è che se Marchionni improvvisa le scelte tecniche a tre giornate dalla fine del campionato delegittima le (poche) certezze della squadra, che decide di non seguirlo.

Preciso: lo ha detto lui in alcuni passaggi della conferenza stampa (“facciamo cose che non proviamo in allenamento”). Se in assenza, ha detto lui, di due esterni di destra (Hadzio e Spaltro) gioca Steffè (una cosa dell’altro mondo, con sincerità) perché non ci sono altre soluzioni (io personalmente, pur non essendo un allenatore, ne avevo in mente almeno tre), significa che non hai ben chiara ancora (ed è gravissimo) la duttilità di qualcuno e, cosa peggiore, il modo di stare in campo dei tuoi giocatori che, nell’emergenza o presunta tale, possono essere schierati in maniera differente anche dopo 10′ di partita. Nel secondo tempo, per esempio, con la difesa a quattro si sono corsi pochi rischi. Perché non farlo prima, senza regalare un tempo agli avversari che, trovato il vantaggio, sono andati a nozze?

Lo sapevano anche i muri che in mezzo al campo sarebbe stata una gara di battaglia, in cui serviva quella dinamicità che Schiattarella – fuorigioco da quattro partite e in debito di condizione – non avrebbe potuto dare. E va fuori l’unico che finora corre per dieci (Candellori)?

Ed è a mio avviso ancora più grave dire apertamente, sempre in conferenza stampa, che qualche giocatore non ha aiutato i compagni che erano in difficoltà (per le sue scelte). E’ un chiaro segnale di sfiducia. Perché la differenza l’ha fatta anche chi è sceso in campo e come è sceso: nel Taranto per Eziolino i calciatori si buttano nel fuoco e giocano anche fuori ruolo (Valietti, uno di questi, che ha finora giocato pochissimo e che è stato trasformato nel Potenza in Roberto Carlos). Sono ormai certo che nel Potenza non sta accadendo.

Il discorso, quindi, è di duplice lettura: in questo momento l’allenatore da un lato, e i giocatori dall’altro, non si possono permettere di sbagliare niente. Abbiamo ridotto, invece, questa alla fase degli esperimenti e dei colpi di tacco. Resto dell’avviso però che indipendentemente dagli errori dell’allenatore il pesante ko (anche in relazione alle contestuali vittorie di Sorrento e Monopoli) non è stato determinato solo da questo. 

E’ mancata in campo qualità, determinazione, concentrazione, attaccamento alla maglia. Non è la prima volta che accade, soprattutto in trasferta, e questo è imperdonabile per chi gioca con la maglia del Potenza. La butto lì: ci sono troppi calciatori in scadenza contrattuale, e non va bene in una fase delicata del campionato. 

Ma a tre giornate dalla fine non si può fare altro che turarsi il naso e sperare che tutto si sani già da sabato col Foggia. Marchionni ha detto che l’unico pensiero di tutti è la salvezza e ha chiesto compattezza. E’ davvero così? Soprattutto c’è unione lì dentro? Se solo ci fosse una minima perplessità, si deve cambiare subito. Anche se mancano solo tre giornate alla fine e un po’ tutti crediamo che il traguardo sia lì vicinissimo.

Infine, una spruzzatina d’acquasanta: dai, il Potenza qualcosa nel secondo tempo l’ha fatta, manca davvero tanto così alla fine del supplizio. Il Viviani è il nostro protettore (anche se confidiamo sempre un po’ di più in quel signore con le tre dita rivolte al cielo – tre come i punti che servono), avendoci due volte tra le sue braccia. Proprio tutti brocchi non sono i calciatori e qualcuno che può fare una giocata vincente pure ce l’abbiamo.

Crediamoci, tutti insieme, e andiamoci a prendere questa salvezza con la forza che contraddistingue la nostra tifoseria e l’ambiente quando c’è da dare qualcosa in più. “Noi siamo Potenza”, poi, un secondo dopo, smammare veloci.

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DI ALFONSO PECORARO

Il diavolo e l’acquasanta. Imposterò queste mie considerazioni del giorno dopo in maniera difforme. E parto dalle osservazioni “infernali” che la sconfitta numero 14 del campionato del Potenza Calcio Official impone. 

Il primo pensiero è che se Marchionni improvvisa le scelte tecniche a tre giornate dalla fine del campionato delegittima le (poche) certezze della squadra, che decide di non seguirlo.

Preciso: lo ha detto lui in alcuni passaggi della conferenza stampa (“facciamo cose che non proviamo in allenamento”). Se in assenza, ha detto lui, di due esterni di destra (Hadzio e Spaltro) gioca Steffè (una cosa dell’altro mondo, con sincerità) perché non ci sono altre soluzioni (io personalmente, pur non essendo un allenatore, ne avevo in mente almeno tre), significa che non hai ben chiara ancora (ed è gravissimo) la duttilità di qualcuno e, cosa peggiore, il modo di stare in campo dei tuoi giocatori che, nell’emergenza o presunta tale, possono essere schierati in maniera differente anche dopo 10′ di partita. Nel secondo tempo, per esempio, con la difesa a quattro si sono corsi pochi rischi. Perché non farlo prima, senza regalare un tempo agli avversari che, trovato il vantaggio, sono andati a nozze?

Lo sapevano anche i muri che in mezzo al campo sarebbe stata una gara di battaglia, in cui serviva quella dinamicità che Schiattarella – fuorigioco da quattro partite e in debito di condizione – non avrebbe potuto dare. E va fuori l’unico che finora corre per dieci (Candellori)?

Ed è a mio avviso ancora più grave dire apertamente, sempre in conferenza stampa, che qualche giocatore non ha aiutato i compagni che erano in difficoltà (per le sue scelte). E’ un chiaro segnale di sfiducia. Perché la differenza l’ha fatta anche chi è sceso in campo e come è sceso: nel Taranto per Eziolino i calciatori si buttano nel fuoco e giocano anche fuori ruolo (Valietti, uno di questi, che ha finora giocato pochissimo e che è stato trasformato nel Potenza in Roberto Carlos). Sono ormai certo che nel Potenza non sta accadendo.

Il discorso, quindi, è di duplice lettura: in questo momento l’allenatore da un lato, e i giocatori dall’altro, non si possono permettere di sbagliare niente. Abbiamo ridotto, invece, questa alla fase degli esperimenti e dei colpi di tacco. Resto dell’avviso però che indipendentemente dagli errori dell’allenatore il pesante ko (anche in relazione alle contestuali vittorie di Sorrento e Monopoli) non è stato determinato solo da questo. 

E’ mancata in campo qualità, determinazione, concentrazione, attaccamento alla maglia. Non è la prima volta che accade, soprattutto in trasferta, e questo è imperdonabile per chi gioca con la maglia del Potenza. La butto lì: ci sono troppi calciatori in scadenza contrattuale, e non va bene in una fase delicata del campionato. 

Ma a tre giornate dalla fine non si può fare altro che turarsi il naso e sperare che tutto si sani già da sabato col Foggia. Marchionni ha detto che l’unico pensiero di tutti è la salvezza e ha chiesto compattezza. E’ davvero così? Soprattutto c’è unione lì dentro? Se solo ci fosse una minima perplessità, si deve cambiare subito. Anche se mancano solo tre giornate alla fine e un po’ tutti crediamo che il traguardo sia lì vicinissimo.

Infine, una spruzzatina d’acquasanta: dai, il Potenza qualcosa nel secondo tempo l’ha fatta, manca davvero tanto così alla fine del supplizio. Il Viviani è il nostro protettore (anche se confidiamo sempre un po’ di più in quel signore con le tre dita rivolte al cielo – tre come i punti che servono), avendoci due volte tra le sue braccia. Proprio tutti brocchi non sono i calciatori e qualcuno che può fare una giocata vincente pure ce l’abbiamo.

Crediamoci, tutti insieme, e andiamoci a prendere questa salvezza con la forza che contraddistingue la nostra tifoseria e l’ambiente quando c’è da dare qualcosa in più. “Noi siamo Potenza”, poi, un secondo dopo, smammare veloci.

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Il primo pensiero è che se Marchionni improvvisa le scelte tecniche a tre giornate dalla fine del campionato delegittima le (poche) certezze della squadra, che decide di non seguirlo.

Preciso: lo ha detto lui in alcuni passaggi della conferenza stampa (“facciamo cose che non proviamo in allenamento”). Se in assenza, ha detto lui, di due esterni di destra (Hadzio e Spaltro) gioca Steffè (una cosa dell’altro mondo, con sincerità) perché non ci sono altre soluzioni (io personalmente, pur non essendo un allenatore, ne avevo in mente almeno tre), significa che non hai ben chiara ancora (ed è gravissimo) la duttilità di qualcuno e, cosa peggiore, il modo di stare in campo dei tuoi giocatori che, nell’emergenza o presunta tale, possono essere schierati in maniera differente anche dopo 10′ di partita. Nel secondo tempo, per esempio, con la difesa a quattro si sono corsi pochi rischi. Perché non farlo prima, senza regalare un tempo agli avversari che, trovato il vantaggio, sono andati a nozze?

Lo sapevano anche i muri che in mezzo al campo sarebbe stata una gara di battaglia, in cui serviva quella dinamicità che Schiattarella – fuorigioco da quattro partite e in debito di condizione – non avrebbe potuto dare. E va fuori l’unico che finora corre per dieci (Candellori)?

Ed è a mio avviso ancora più grave dire apertamente, sempre in conferenza stampa, che qualche giocatore non ha aiutato i compagni che erano in difficoltà (per le sue scelte). E’ un chiaro segnale di sfiducia. Perché la differenza l’ha fatta anche chi è sceso in campo e come è sceso: nel Taranto per Eziolino i calciatori si buttano nel fuoco e giocano anche fuori ruolo (Valietti, uno di questi, che ha finora giocato pochissimo e che è stato trasformato nel Potenza in Roberto Carlos). Sono ormai certo che nel Potenza non sta accadendo.

Il discorso, quindi, è di duplice lettura: in questo momento l’allenatore da un lato, e i giocatori dall’altro, non si possono permettere di sbagliare niente. Abbiamo ridotto, invece, questa alla fase degli esperimenti e dei colpi di tacco. Resto dell’avviso però che indipendentemente dagli errori dell’allenatore il pesante ko (anche in relazione alle contestuali vittorie di Sorrento e Monopoli) non è stato determinato solo da questo. 

E’ mancata in campo qualità, determinazione, concentrazione, attaccamento alla maglia. Non è la prima volta che accade, soprattutto in trasferta, e questo è imperdonabile per chi gioca con la maglia del Potenza. La butto lì: ci sono troppi calciatori in scadenza contrattuale, e non va bene in una fase delicata del campionato. 

Ma a tre giornate dalla fine non si può fare altro che turarsi il naso e sperare che tutto si sani già da sabato col Foggia. Marchionni ha detto che l’unico pensiero di tutti è la salvezza e ha chiesto compattezza. E’ davvero così? Soprattutto c’è unione lì dentro? Se solo ci fosse una minima perplessità, si deve cambiare subito. Anche se mancano solo tre giornate alla fine e un po’ tutti crediamo che il traguardo sia lì vicinissimo.

Infine, una spruzzatina d’acquasanta: dai, il Potenza qualcosa nel secondo tempo l’ha fatta, manca davvero tanto così alla fine del supplizio. Il Viviani è il nostro protettore (anche se confidiamo sempre un po’ di più in quel signore con le tre dita rivolte al cielo – tre come i punti che servono), avendoci due volte tra le sue braccia. Proprio tutti brocchi non sono i calciatori e qualcuno che può fare una giocata vincente pure ce l’abbiamo.

Crediamoci, tutti insieme, e andiamoci a prendere questa salvezza con la forza che contraddistingue la nostra tifoseria e l’ambiente quando c’è da dare qualcosa in più. “Noi siamo Potenza”, poi, un secondo dopo, smammare veloci.

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